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martedì 17 gennaio 2017

Pane e partigiani

Grazie a Marino Marini e a tutti i "ragazzi" umbri, tra poco potremo portare in giro per l'Italia un bel documentario in cui si parla di cibo e resistenza, bisogno di nutrirsi e fame di libertà. Vi terremo aggiornati. Intanto, questo è il promo.

giovedì 27 ottobre 2016

Bancarella Cucina 2016 - Pontremoli, 23 ottobre

Il video dell'intera giornata, realizzato da ilbinocolo.net per rendere visualizzabile in streaming l'intera giornata di premiazioni avvenuta il 23 ottobre 2016 a Pontremoli, in occasione del conferimento del Premio Selezione Bancarella Cucina 2016 a sei libri pubblicati nel 2015 e ritenuti i più meritevoli nell'area "food" . E noi, ebbene sì, eravamo tra quei sei.
Sapersi sullo stesso palco di Massimo Montanari, Andrea Grignaffini, Marino Marini - vi assicuro - per noi è già stata una vittoria. Anche se, come forse saprete, a causa di un errore tipografico nelle schede per l'elezione del vincitore assoluto, la "finale" è stata rimandata a data da destinarsi.
Nel frattempo ci siamo godute la giornata, circondate da amici generosi che ci hanno sostenuto da subito, ottimi compagni di tavola all'Osteria della Luna di Pontremoli (dove abbiamo mangiato benissimo) e straordinari supporter nel delizioso Teatro La Rosa.
(Dal minuto 47 ci siamo noi). Vi terremo aggiornati. (LC, ES)


martedì 20 settembre 2016

Dopo una lunga vacanza, torniamo. E come torniamo!!!

Tra i sei finalisti del Bancarella della Cucina 2016, insieme a Massimo Montanari, Andrea Grignaffini...
Citiamo direttamente dal sito del Bancarella:

La Commissione di scelta del BANCARELLA DELLA CUCINA, presa in esame la produzione editoriale del settore gastronomico dell’anno 2015, ha proclamato al unanimità, vincitori dell’ 11° edizione del Premio Selezione 2016, i seguenti libri:
-LA MIA VITA AL BURRO di PHILIPPE LÈVEILLÉ, edito da GIUNTI EDITORE
-GLI SBAFATORI di CAMILLA BARESANI, edito da MONDADORI
-IL CUOCO UNIVERSALE di GRIGNAFFINI ANDREA, edito da MARSILIO EDITORE
-PARTIGIANI A TAVOLA, STORIE DI CIBO RESISTENTE E RICETTE DI LIBERTÀ, di LORENA CARRARA E ELISABETTA SALVINI, edito da FAUSTO LUPETTI EDITORE
-MANGIARE DA CRISTIANI di MASSIMO MONTANARI edito da RIZZOLI
-CUCINE DEL TERRITORIO, LA CUCINA PIACENTINA di ANDREA SINIGAGLIA E MARINO MARINI edito da TARKA EDITORE
Nelle prossime settimane, i settanta librai delle due Associazioni; Unione Librai Pontremolesi e Unione Librai delle Bancarelle, e i dieci componenti, “Esperti dell’ambiente enogastronomico”, voteranno, a mezzo scheda segreta, nelle mani del Notaio del Premio, il libro che riterranno meritevole dell’undicesimo Premio Bancarella della Cucina.
Il “Vincitore assoluto” verrà proclamato a Pontremoli, presso il Teatro la Rosa, domenica pomeriggio 23 ottobre alle ore 16, al termine dello spoglio pubblico delle schede pervenute al notaio.


Beh...
che aggiungere?


venerdì 22 luglio 2016

Immagini sparse da questo anno straordinario di incontri, di persone, di confronti.

10 giugno 2016, Gola Gola Festival, Parma 

10 giugno 2016,
Gola Gola Festival (Parma, Casa della Musica)

A Zocca (MO), 12 giugno

27 novembre 2015, Presentazione alla Giovane Italia
e "cena resistente" con ANPI Parma

Milano 15/04: Dialogo e cena alla Trattoria Arci Traverso (MI)


16 aprile 2016 – Brunch letterario al Teatro TAC di Milano

15 aprile 2016 – Dialogo e cena alla Trattoria Arci Traverso (MI)

La prima "cena resistente" al Circolo La Giovane Italia.
Parma. 27 novembre 2015

25 luglio 2015,
presentazione in anteprima nazionale a Casa Cervi.

Al Salone del Libro di Torino, 2016.

Aperitivo prima della presentazione
alla Biblioteca di Sant'Ilario d?Enza
con La Compagnia del Vino

Partigiani a tavola alla storica Trattoria Fantoni di Bologna

23 aprile 2016 
Casa del Popolo Venti Pietre di Bologna (BO).

3 marzo 2016.
Presentazione presso la Libreria Les Mots (MI).

Noi e La Compagnia del Vino... grandi!!!

25 aprile in via Pratello (BO)

In dialogo con Linea Gotica a Zocca (MO)

Sant'Ilario d'Enza

Locandina dello Sponz Festival 2015nella Calitri di Vinicio Capossela

Festareggio 2015

Pollicino Gnus, rivista anarchica

25 luglio, un anno dopo.

È ormai trascorso un anno dall'uscita di Partigiani a tavola (Fausto Lupetti editore) presentato in anteprima nazionale il 25 luglio 2015 a Casa Cervi. Raccontare qui le emozioni, gli stimoli e gli incontri che questo libro in un solo anno ci ha regalato sarebbe impossibile. Per cui mi limito a ringraziare tutti. In primo luogo l'editore Fausto Lupetti, che ha creduto nel nostro progetto da subito e, da perfette sconosciute o quasi, ci ha offerto la possibilità di pubblicare un libro "difficile" in un momento di crisi editoriale e culturale evidente; gli amici, che ci hanno sostenuto e incoraggiato sempre; i nostri familiari, che con pazienza hanno accettato le nostre trasferte in tutta Italia e ci hanno regalato il tempo per scrivere e per parlare del nostro lavoro; tutte le persone che ci hanno invitato e contattato durante questo primo anno: istituzioni, scuole, associazioni culturali, biblioteche, organizzatori di eventi, circoli di lettura, radio, televisioni... tutti sono stati per noi ugualmente importanti, tutti ci hanno reso orgogliose, restituendoci il senso di quanto fatto, riempiendoci la vita, donandoci esperienze indimenticabili. In particolare vorrei ringraziare i ragazzi incontrati lungo il cammino, adolescenti con cui abbiamo condiviso dense riflessioni, a riprova di quanto sia importante (ma non impossibile) comunicare tra generazioni per affrontare temi ancora difficili da "digerire" nel nostro paese, magari adottando prospettive inusuali, ma più vicine alle persone. Davvero questo libro ci ha reso più ricche... di umanità, di comprensione, di relazioni.
Lunedì 25 luglio festeggeremo il primo anniversario in occasione di un'altra pastasciutta antifascista a Suzzara (MN). Invitiamo tutti coloro che sono curiosi di sentire qualche storia di cibo resistente e di ricette di libertà a venirci ad ascoltare, alle 18.30.
(LC)

NB: Il video dimostra che ci piace praticare strade poco frequentate, facendo impazzire il navigatore...

martedì 17 maggio 2016

INTERVISTA RILASCIATA A Elisa MURGESE, IL FATTO QUOTIDIANO.it

Elisa Murgese - blogger e giornalista - ci ha chiesto di rilasciarle quest'intervista, uscita in sintesi su Ilfattoquotidiano.it a ridosso del 25 aprile. La ringraziamo per averci concesso di pubblicarla integralmente sul nostro blog.

Come è nata l'idea di scrivere questo libro?
L’idea ci è venuta circa due anni fa, quando abbiamo realizzato che il 2015 avrebbe visto la concomitanza di EXPO con le celebrazioni del Settantesimo della Liberazione nazionale. Un po’ perché da anni studiosa di cultura dell’alimentazione, un po’ perché donna, cittadina e insegnante attenta ai valori della Resistenza, Lorena ha realizzato che nessuno aveva mai parlato della guerra civile del ’43-‘45 in questi termini e che sarebbe stathttp://www.ilfattoquotidiano.it/blog/emurgese/ptype/articoli/a una buona idea sfruttare l’attenzione mediatica che oggi si riversa sul cibo per veicolare una conoscenza storica profonda. Di rimando, questa inusuale prospettiva avrebbe dato origine a un nuovo modo di raccontare la storia: un taglio più immediato, diretto, comprensibile a tutti e non riservato agli addetti ai lavori. Elisabetta, specializzata in storia di genere e politiche per le pari opportunità, ha colto subito le potenzialità di questo inconsueto approccio, anche perché – per dirla in termini antropologici e sociologici – le donne sono da sempre legate alla sfera domestica e alimentare. In ogni cultura, infatti, sono e sono state relegate alla sfera dell’interno, della gestione delle risorse edibili e della loro manipolazione e distribuzione. Mutatis mutandis, ancora oggi è così nel nostro paese.
Quando è stato pubblicato il vostro libro?
Il nostro libro è uscito il 25 luglio 2015 ed è stata per noi un’emozione unica poterlo presentare in anteprima nazionale a Casa Cervi: il podere ubicato nei pressi di Gattatico (RE), che fu l’abitazione della famiglia dei sette fratelli martiri del fascismo e che ora è divenuto un importante Istituto Storico e Culturale. Oltre ad essere altamente simbolico il luogo, lo è anche la data: si tratta della notte del Gran Consiglio che ha segnato la fine del Ventennio fascista. Ogni estate qui si ricorda ancora la caduta del regime, avvenuta appunto il 25 luglio 1943, con un’enorme “pastasciuttata” offerta gratuitamente a tutti: ci si siede a tavola insieme, gustando lo stesso cibo, costituendo un enorme banchetto accomunato dagli ideali antifascisti e dalla consapevolezza di dover ancora difendere questi valori. L’evento è diventato ormai virale e viene ripetuto in decine di piazze italiane.
Nel capitolo introduttivo del volume si racconta, appunto, dei 380 chili di pasta al burro offerti dalla famiglia Cervi per festeggiare la caduta del regime, di che evento si tratta?
Ciò che accade oggi ai Campi Rossi di Gattatico (RE) è straordinario, ma ancora più straordinario fu quello che fecero i Cervi nel ’43: in un momento di fame e di miseria nera riuscirono a mobilitare i contadini, le massaie e i casari della zona e, con la collaborazione e la partecipazione di tutti, portarono in piazza 380 kg di maccheroni al burro. Un lusso, un piacere da tempo dimenticato, un festeggiamento unico in Italia. I Cervi accolsero alla loro tavola anche i carabinieri, offersero a chiunque si presentasse con un piatto (o una zuppiera!) pastasciutta a volontà e, mangiando insieme, celebrarono “il più bel funerale che si potesse fare al fascismo”. I Cervi sono stati per noi i primi “Partigiani a tavola”.
Il vostro libro vuole dipingere i partigiani come gente comune, oppure ridare ai partigiani la loro umanità, al di là di ogni eroismo?
Il primo obiettivo di questo libro è stato quello di compiere un’operazione antiretorica, restituendo un corpo alle donne e agli uomini, ai ragazzi e alle ragazze che hanno combattuto, partecipato, agito durante la guerra di liberazione nazionale. Il corpo è, infatti, il grande rimosso nella storiografia resistenziale e ciò accade proprio mentre la contemporaneità occidentale esalta e stilizza un corpo perfetto, scolpito, eternamente giovane. Dunque ci siamo riproposte di calare la storia di quel biennio, cruciale per il nostro Paese, in una dimensione fisiologica, corporea, quotidiana e relazionale. Abbiamo scelto di tornare al corpo, considerandolo nelle sue urgenze primarie e restituendogli valore come parte integrante, se non basilare, della lotta per la Liberazione. Per farlo abbiamo deciso di portare il focus della nostra ricerca su uno dei bisogni primari degli esseri viventi: quello del nutrirsi.
Qual è il vostro lettore ideale?
La nostra inusitata chiave di lettura non ha rivelato una sorprendente efficacia nel restituirci tutta la complessità della Resistenza, con le sue luci e le sue ombre, con le contraddizioni e i chiaroscuri che sappiamo, ma anche di essere immediatamente comprensibile a tutti, in particolare alle nuove generazioni così attente alle “questioni da foodies” che spopolano nei media. Abbiamo fatto leggere in bozza “Partigiani a tavola” a una giovane amica, Giada Faranna (quindicenne), appunto per accertarci che il linguaggio fosse alla portata dei ragazzi e abbiamo portato con successo il racconto della Resistenza in alcune scuole, grazie a questa inusuale prospettiva. Pare che ci abbiano capito e che il messaggio sia passato, lasciando piacevolmente stupiti perfino i professori.
Avete raccolto testimonianze? Di che tipo?
Il nostro non è un saggio storiografico, scritto secondo i crismi dell’accademia, ma un racconto a più voci di come il cibo fosse presente nelle richieste e nelle esigenze della popolazione, di come sia interessante indagare i periodi storici adottando questo punto di vista – taglio con cui abbiamo voluto impostare un blog, anch’esso scritto a due mani: ciboestoria.blogspot.it – di quanto con esso si possano conoscere a fondo periodi o vicende anche complesse come la guerra civile in Italia. Per farlo, poi, abbiamo usato delle fonti anomale: la letteratura resistenziale e il racconto dei testimoni, in forma di interviste o di diari, perché pensiamo che la narrazione permetta di comprendere dall’interno, in misura profonda e con autenticità, ciò che è accaduto in quel biennio così convulso e drammatico; di arrivare alla verità, superando la sedicente oggettività storica.
Com'è organizzato il volume? (intendo che spazio date alle ricette, e quando alla narrazione)? Quali sono i temi toccati dalla narrazione?
Avendo due formazioni complementari, ma diverse, e due stili di ricerca simili, ma non sovrapponibili, abbiamo deciso di strutturare il libro procedendo per capitoli appaiati. Dopo aver enucleato i temi che ci sembrava fondamentale affrontare – come si ponevano i nazifascisti rispetto al cibo? Qual era il ruolo delle donne? Com’erano le pratiche alimentari in brigata? I bambini, come vedevano quegli strani ragazzi che ogni tanto arrivavano a chiedere pane e vivevano in montagna? C’erano differenze tra città e campagna? Che futuro sognavano i partigiani per il loro affamato Paese? – li abbiamo trattati ognuna dal proprio punto di vista, Lorena quello antropologico e letterario, Elisabetta quello storico. Abbiamo racchiuso questo racconto in una cornice storica, che comincia con la pastasciutta dei Cervi e termina con l’incredibile storia di Teresa Noce.
Un altro aneddoto interessante riguarda i 35mila bambini nutriti dalle donne emiliane...mi raccontate anche questa storia?
Si tratta di una straordinaria storia di accoglienza messa in atto da parte delle famiglie emiliano-romagnole e, in particolare, dalle donne. Teresa Noce, reduce dai campi di concentramento, ispirata dalle lasagne che aveva tanto spesso sognato nel lager, mette in piedi un progetto visionario che riguarda migliaia di bambini denutriti provenienti da tutt’Italia (Milano, Cassino, Napoli…). Una storia che restituisce pienamente il senso di cosa fu la lotta di Liberazione, una storia da cui esce un’Italia nutrita, unita, fiduciosa di poter cambiare. Una storia che ci dà la direzione in cui muoverci anche oggi, quando vediamo le scene dei profughi in fuga a cui il TG ci ha ormai abituato. Da essa abbiamo tratto ispirazione per la ricetta delle “Lasagne per la ricostruzione” nel ricettario posto in appendice, ma, per conoscerla meglio, vi rimandiamo alla lettura del libro.
Come avete recuperato le ricette?
Il ricettario da un lato comprende la raccolta di piatti tradizionali delle zone in cui fu più attiva la Resistenza – piatti di quella cucina povera che ora è il vanto della cultura gastronomica italiana, ma a cui i ceti subalterni sono sempre stati condannati: polenta, castagne, legumi, minestre… - dall’altro vede l’introduzione di ricette più contemporanee con cui ci siamo permesse di giocare, ricostruendo nel piatto le atmosfere e i sapori che costellano il nostro libro. Ad esempio il Dolce della Liberazione ha gli aromi del tabacco, del cioccolato e del whisky, ingredienti che evocano immediatamente l’arrivo degli americani e dei loro enormi carri armati. Vogliamo chiarire che il tono ironico e dissacrante del ricettario non vuole essere offensivo, al contrario. Ci sono diverse testimonianze, nel libro, da cui appare la capacità dei protagonisti di ridere delle loro condizioni tragiche, della loro vita sempre a rischio, perfino della fame nera che li perseguitava.
Ci volere dare qualche nome di queste ricette (almeno 4 o 5) e potete darmene almeno una da inserire nella narrazione dell'articolo?
I titoli delle ricette sono ironici e allusivi, dagli antipasti ai dolci. Apriamo con l’Antipasto in marcia, che altro non è se non pane e salame, merenda tipica dei combattenti perché facile da mangiare mentre si cammina. Poi ci sono i Cappelletti Bastonati, che abbiamo denominato così perché durante il Ventennio gli squadristi facevano irruzione nelle case dei socialisti e sferravano bastonate a chi celebrava, gustandone un piatto, il Primo Maggio. Come secondo nominiamo le Uova alla Enne2, normali uova alla milanese, ispirate al protagonista del romanzo di Vittorini che consuma solo due uova dopo giorni di attività frenetica alla guida di un Gap. C’è anche l’insalata delle bande liguri, come contorno e, per finire, la torta Okébon, che deve il nome ad uno dei tanti preparati e surrogati con cui gli italiani presero contatto durante la guerra.
Come mangiavano i partigiani?
Non si può dire che i partigiani, in assoluto, non mangiassero. Certo la fame più nera l’hanno vissuta i civili, nelle città soprattutto, che si vedevano depredate le riserve dai nazifascisti per l’ammasso e razionati i viveri fino a quantità risibili. Gli antifascisti, poi, non avevano nemmeno la tessera annonaria. I partigiani invece in qualche modo il cibo se lo procuravano: o portando a segno colpi all’ammasso o intessendo rapporti di reciprocità con le popolazioni locali o raccogliendo frutta spontanea nei boschi o requisendo derrate in cambio di buoni che poi, al termine del conflitto, sarebbero stati ripagati. Un altro modo di procurarsi il cibo, poi, era attendere gli aviolanci organizzati dagli alleati che, come una manna moderna, facevano cadere dal cielo alimenti, medicinali e armi. Una cosa è certa però: i “banditi” mangiavano male e in fretta.
Spesso in tempo di guerra il cibo è sempre lo stesso. Capitava anche ai nostri partigiani? Cosa inventavano per ovviare al problema?
Un tratto caratteristico dell’alimentazione partigiana è l’uniformità assillante. Quando si riusciva a portare a termine un colpo all’ammasso o a requisire camion destinati ai fascisti, si era poi costretti a consumare quel prodotto per giorni, settimane, mesi. Il cibo non si poteva certo sprecare e allora i cucinieri si ingegnavano ad imbandire lo stesso ingrediente in infiniti modi (abbiamo testimonianze sul consumo ossessivo di pecora, prosciutto, castagne…), sfoggiando una grande creatività. Che poi è quella che ha sempre caratterizzato la cucina italiana, basata sugli stessi ingredienti poveri che vengono manipolati in infinite varianti. Ma ciò spesso non bastava e così i giovani patrioti si scoprivano a immaginare altri sapori e altre ricette, a ricordare i piatti di casa, fuggendo con la fantasia dalla monotonia del rancio quotidiano.
Avevano fame? Capitava che condividessero il cibo, tra classi sociali diverse, magari dallo stesso piatto?
In tempo di guerra tutti avevano fame. Meneghello, però, nei “Piccoli maestri” la definisce assai significativamente una fame “allegra”, un vuoto di stomaco lancinante che veniva riempito da ideali di uguaglianza e di riscatto, dalla chiara percezione di trovarsi dalla parte giusta. La guerra aveva in qualche modo ridotto a un livello basico e primordiale le condizioni di vita e così, dividendo il poco cibo a disposizione con gli altri antifascisti, si andava lentamente costruendo una società nuova, fatta da uomini e donne, giovani e vecchi, intellettuali e operai che mangiavano insieme, uno accanto all’altro, alla pari, senza distinzioni di ceto e di genere. Una cosa inaudita, mai vista prima. Si stavano fondando su base materiale, intorno all’esigenza di nutrirsi, gli ideali per il futuro. Da quell’esperienza, vissuta letteralmente nelle viscere, usciranno i padri e le madri costituenti, usciranno i cittadini di un’Italia rinnovata e fiera.
Altro aspetto interessante, infatti, è il valore politico del sedere alla stessa tavola, e l'etimologia del termine compagno...
Infatti la parola “compagno” è fondamentale nel nostro lavoro: in essa si esprime pienamente il valore socializzante della condivisione del cibo. Mangiare insieme crea un legame indissolubile. Dare cibo a chi lo chiede è un gesto di pregnanza etica fondamentale. È indice della volontà di esprimere la propria umanità con un gesto immediato, universale, comprensibile al di là delle distinzioni culturali. Le recenti immagini dell’isola di Lesbo o di Idomeni possono rappresentare bene quello che stiamo dicendo, portandolo all’oggi. C’è una divaricazione netta tra chi pensa che da proteggere siano le frontiere e chi, invece, pensa che siano da proteggere ed accogliere gli esseri umani, condividendo con loro ciò che sentiamo come “nostro” di diritto.
E le partigiane, rifiutavano il ruolo di cuoche?
La partecipazione delle donne alla Resistenza ha assunto molte forme e diverse misure. Dunque bisogna distinguere tra chi ha scelto di aiutare stando nella propria casa – e allora parliamo di staffette, di case sicure per i renitenti, di accoglienza degli sbandati e degli sfollati, del semplice dono di un pezzo di pane – e chi, soprattutto in giovane età, ha deciso di partecipare prendendo le armi. Queste ragazze, una volta salite in montagna, spesso si sono rifiutate di cucinare per i compagni, per non aderire ancora una volta al ruolo e allo stereotipo della donna in cucina. Cresciute immerse nell’ideologia fascista, queste donne sono state delle autentiche rivoluzionarie: lì, per la prima volta, hanno mangiato accanto agli uomini, alla pari, senza distinzioni. Hanno assaporato una società radicalmente diversa, su cui poi hanno basato le rivendicazioni del dopoguerra e dei decenni a venire, rimanendo purtroppo disattese e deluse nelle loro aspettative.
Qual è il messaggio dell'introduzione di Capossela?
Vinicio ci ha regalato tre pagine di una densità straordinaria, lo ha fatto perché ha compreso da subito il senso del nostro lavoro. Come egli stesso ha precisato, il cibo è sempre stato usato come merce di scambio in una logica ricattatoria o per umiliare e sottomettere i popoli. Ma non solo, attraverso il cibo si può mettere in atto quotidianamente una scelta: da che parte stare, che ideali seguire, con chi condividere qualcosa, assumendocene la responsabilità. Sempre più consumatori, oggi, cominciano ad esserne consapevoli.
Che lavoro fate? Vi lega amicizia o collaborazione di lavoro?
Eravamo già amiche quando è nata l’idea di scrivere “Partigiani a tavola”, ma il progetto di questo libro ha contribuito a risaldare il nostro rapporto e ad arricchirlo. Ci ha regalato esperienze indimenticabili e irripetibili, ci ha fornito il pretesto per conoscere persone fuori dall’ordinario. Ci ha donato una ricchezza, in termini di umanità e di relazioni, inestimabile. Per il resto, siamo entrambe plurititolate e dottoresse di ricerca e, parlando con le persone che partecipano alle presentazioni del nostro libro, ci sta venendo perfino il dubbio di essere brave in ciò che facciamo. Eppure il sistema culturale (e accademico) del nostro paese pare respingerci ai margini: dunque siamo e rimarremo delle outsider, delle ricercatrici indipendenti che si occupano con passione e competenza di temi “caldi”, come quest’ultimo, pur dovendo fare – per portare a casa la pagnotta – mestieri lontani dalle nostre aree di interesse. Lorena è maestra in anno di prova ed Elisabetta è commessa in un negozio di abbigliamento. Il vantaggio è che godiamo di una impagabile libertà, non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno, né tanto meno render conto delle nostre scelte, se non all’editore Fausto Lupetti (che ringraziamo sempre per averci dato fiducia) e ai lettori. Siamo libere di occuparci di ciò che ci interessa e le persone che incontriamo sembrano essersene accorti prima degli addetti ai lavori, dandoci enormi soddisfazioni. Dobbiamo però ringraziare i nostri compagni e i nostri figli, che hanno pazientemente tollerato le molteplici “assenze” di questi anni, regalandoci il tempo che, per forza di cose, abbiamo dovuto sottrarre a loro.
Ho letto che tu Lorena sei insegnante, e che in un'intervista lamentavi che i giovani non sanno molto del nostro passato, ignorano perché si stia a casa da scuola il 25 aprile. Confermi? Il volume è fatto anche per avvicinare al periodo della resistenza un pubblico più giovane?
In questi lunghi anni di precariato abbiamo avuto modo di entrare in contatto, in modalità formative diverse, con bambini e ragazzi di ogni ordine di scuola e la percezione, va detto, non è delle migliori. Non mi soffermo sul triste destino dell’educazione civica (oggi educazione alla cittadinanza) nelle scuole. Per il resto, pare che gli studenti riproducano gesti obbligati, imposti dall’alto, senza rendersi conto del loro reale significato: ad esempio penso alla “Giornata della memoria” o ai “minuti di silenzio” che purtroppo ultimamente si sono ripetuti in molte occasioni e penso, anche, al 25 aprile, Festa Nazionale ormai ridotta a un giorno di vacanza in più. La responsabilità di questo è ancora una volta da condividere tra insegnanti e genitori, che percepiscono la Festa della Liberazione Nazionale come una giornata di propaganda politica o come una presa di parte ideologica, e non come una Festa che riunifica al di là delle differenze, che ribadisce e celebra i valori fondanti dello stato democratico e repubblicano, un evento da cui è scaturita la Costituzione. Una giornata fondamentale per la coscienza civica di ognuno di noi. Basti pensare che nella nostra città, Parma, sta aprendo una seconda sede di Casa Pound nell’indifferenza generale e che, nel paesino di cinquemila abitanti di una di noi, un commerciante ha deciso di esporre nel proprio esercizio il calendario del Duce. Solo pochi ne hanno provato sdegno. Non c’è bisogno di scomodare Pavese o Eco per comprendere la pericolosa direzione che stiamo prendendo.
Dopo avere scritto questo libro, cosa avete imparato di nuovo sul cibo?
Brecht ha scritto che prima viene lo stomaco, e poi la morale. Noi potremmo dire che nella storia che abbiamo raccontato prima è venuta l’urgenza di mangiare e poi le ideologie. Questa è la prima cosa. Un’altra ce l’ha insegnata il soprano Gabriella Corsaro. Il nostro libro tratta di vicende per lo più collocabili al di sopra della Linea Gotica, eppure Gabriella, originaria dell’Aspromonte, ci ha confessato che per la prima volta, leggendo “Partigiani a tavola”, è riuscita a calarsi pienamente nell’atmosfera di quel periodo, a tornare in contatto con le parole dei suoi nonni, pur avendo a che fare con una storia in apparenza molto lontana da quella del Nord Italia. Il cibo, dunque, ha travalicato la distinzione tra Nord e Sud, ha saputo unire un’Italia che era lacerata. Un’ultima cosa abbiamo imparato: non è vero che per far cultura bisogna fare sfoggio di conoscenze e di parole astruse. Noi abbiamo seguito la logica del “parla come mangi” e le persone ci hanno capito, molte ci hanno donato la loro amicizia, gli studenti ci hanno prestato attenzione lasciando stupiti i loro stessi insegnanti. Quasi ovunque siamo state, ci hanno raccontato aneddoti stupendi, che probabilmente confluiranno nel blog. Dunque è vero: il cibo salda le relazioni, rafforza le comunità e il senso di appartenenza, va oltre le differenze e le generazioni. L’unica risposta che ci può accomunare, nella complessità dell’oggi, è il ritorno ai gesti semplici e umani. Magari, perché no, intorno a una tavola.



mercoledì 13 aprile 2016

A mezzogiorno si agisce... Partigiani a tavola, il 16 aprile alle 12.00 al Teatro TAC



Sabato 16 aprile ore 12.00 nuovo appuntamento con il BRUNCH POETICO del Teatro TAC che, questa volta, ospiterà il racconto corale di Partigiani a tavola. Orgogliose di essere state chiamate a rappresentare la poesia, la Resistenza, il cibo e la parola, abbiamo risposto.
“Pensa al mattino, agisci a mezzogiorno, leggi la sera, e dormi di notte” diceva William Blake. Nel nostro mezzogiorno abbiamo deciso di “agire” poesia e far vivere la “poetica” intesa come espressione artistica, l’insieme delle modalità creative attraverso cui un essere umano esplicita se stesso nelle sue opere non solo di poesia, ma anche pittura, scultura, musica, cinematografia, letteratura e arte in senso lato.
PROGRAMMA:
– Presentazione di PARTIGIANI A TAVOLA. Storie di cibo resistente e ricette di libertà, Logo Fausto Lupetti Editore
Presente una delle autrici: Lorena Carrara
– Movimento PASTAFARIANO https://it.wikipedia.org/wiki/Pastafarianesimo
– PENSAVO FOSSE AMORE E INVECE AVEVI IL GATTO – un reading di amore, odio, fusa, graffi e miagolii…” di e con Giulio Valentini.
GIULIO VALENTINI qui info biografiche o meglio spiografiche: http://www.giuliovalentini.it/spiografia/
E dunque Sabato 16 aprile ore 12.00 in punto armati della tua poetica e vieni a condividerla a TAC Teatro, via Ponte Nuovo 51, Milano.
Coordinano e presentano Giulio Valentini e Ornella Bonventre (direttrice artistica di Tac Teatro)
Ingresso 12 euro
Prenotazione poeticamente obbligatoria mandando una mail a segreteria.tacteatro@gmail.com
www.tacteatro.wordpress.com
LC